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QUANDO TUTTO EBBE INIZIO PER ME....

  • Stefano Pelagotti
  • 17 ott 2016
  • Tempo di lettura: 3 min

Ogni tanto sono quì a parlarvi di riqualificazione degli edifici, costruzioni a basso consumo, energia rinnovabile, case passive, in un momento in cui tutti ne parlano e cercano di vendervi il loro prodotto, dalla stufa a biomasse al pannello solare e quello fotovoltaico passando delle tende ed i paravento.


Ma in realtà, al di là dei singoli prodotti più o meno performanti, un edificio a basso consumo ed impatto è il risultato di un percorso di progetto, di un'analisi architettonico/energetica/ambientale precisa, l'adattamento all'ambiente di un manufatto dell'uomo, non la mera aggiunta di un "accessorio" ad una costruzione o ad un progetto.


Un edificio a energia quasi zero o passivo nasce, si progetta e si realizza con la passione, l'esperienza e la curiosità, senza porsi limiti, sperimentando e proponendo nuove soluzioni e materiali, non sfruttando la "moda" o la necessità del momento.


I più non conoscono le prime sperimentazioni nel Nord Italia, alla fine anni '50, per lo sfruttamento del bio-metano prodotto dalle lettiere negli allevamenti bovini e suini o le prove sulle pareti ad'accumulo, pareti Trombe, tinteggiate di nero e poste dietro vetrate per surriscaldare pareti o masse d'aria, senza scordare gli studi, partiti dagli edifici storici, sul soleggiameto e gli assi equisolari, in modo da sfruttare al massimo il sole invernale e mitigare quello estivo.


Personalmente il mio interesse sull'argomento non è "dell'ultima ora" ma è il risultato di un percorso di 25 anni di letture e studi.


Il mio primo approccio alle "architetture passive", oggi diremmo la possibilità di progettare in maniera "Nzeb", l'ho avuto durante i miei studi universitari (correva l'anno 1989) ad un corso, all'epoca poco frequentato e tenuto dal Professor Arch. Gioli, il quale apriva nuovi scenari ed orizzonti ai suoi studenti.

Pertanto in tempi non sospetti incomincia a studiare l'influenza su di un edificio di un buon orientamento rispetto al percorso solare, scoprii come applicare i moti naturali dell'aria calda all'interno di un fabbricato, come riscaldare o raffredare in maniera naturale un appartamento e come era possibile legare architettura ed energia.


Nell'immagine potete vedere il risultato di quel primo "esame", un letto di accumulo in pietre sotto il fabbricato (oggi useremmo una pompa a scambio geotermico) che permetteva di riscaldare o reffreddare un edificio tramite una parete Trombe e un vano scale in vetro, con l'ausilio di un pompa ad aria, schema all'epoca semplice ed efficace.


Negli anni ho continuato a seguire gli sviluppi sull'uso delle superfici vetrate e dei sistemi di oscuramento, i materiali sintetici e naturali più adatti ai vari scopi, nuovi sistemi di generazione dell'energia e successivi miglioramenti e quanto altro la tecnologia tutta metteva o poteva mettere a disposizione di un progettista.


Penso persino di aver visto e toccato con mano, in una ristrutturazione progettata da mio padre alla fine degli anni '80, alcuni dei primi prototipi di pannelli fotovoltaici realizzati in Italia, che furono posizionati, quasi per amor di scienza, dal proprietario dell'immobile, pannelli accompagnati da un apposito locale batterie per l'accumulo e il monitoraggio (e all'epoca non esisteva molta elettronica e le batterie erano ad acido...).


Erano tempi ancora pioneristici, soprattutto se teniamo presente che il primo quartiere passivo venne costruito in Germanio nel 1994/1995, che l'elettronica e l'informatica, come noi le conosciamo ora, avevano ancora da venire e che il pannello lamellare portante (Xlam) venne certificato nel 1994.


Oggi la riqualificazione energetica di un fabbricato è alla portata di tutti grazie alla grande diffusione dei materiali coibenti e dei sistemi di generazione dell'energia, disponibilità che permette di poter proporre a prezzi abbordabili soluzioni avanzate che, fino a pochi anni addietro, erano finanziariamente irraggiungibili.


L'unico problema oggi, come allora, è il corretto utilizzo delle soluzioni che il mercato offre.


Non bastano alcuni pannelli fotovoltaici o una stufa a pellets per fare "riqualificazione", così facendo rischiamo solamente di effettuare una spesa ed un lavoro fini a se stessi, se posizioniamo dei pannelli sulla copertura senza aver prima realizzato correttametne il tetto rischiamo di rifare due volte lo stesso lavoro, o come minimo di doverci reintervenire.


Sarebbe molto meglio, ed è tranquillamente fattibile, realizzare una corretta analisi dell'edificio e predisporre un'altrettanto corretta progettazione complessiva "a finito", progettazione da realizzare "step by step" nel tempo, così da eseguire ogni singolo lavoro nel giusto ordine e predisporlo per l'operazione successiva, per esempio cambiare i serramenti esterni già sapendo che dopo qualche anno si realizzerà un cappotto esterno, oppure sistemare la copertura eseguondo coerente coibentazione e predisponendo i supporti e le canalizzazioni per dei futuri pannelli fotovoltaici e/o solari.

Riqualificare significa valutare tutte le possibilità d'intervento, immediate e future, applicabili ad un edificio esistente, valutare i punti di forza e le debolezze e di ogni intervento il suo ritorno nel breve/medio periodo e la sua reale fattibilità e convenienza.

Tutto questo non s'improvvisa.

 
 
 
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Stefano Pelagotti Geometra - Castelfiorentino, Florence - Italy

Tel & fax 0571/628006    Mobile +39 348 230 4985

E-mail: studio.pelagotti@gmail.com

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